sabato 29 maggio 2010

ACQUA BENE COMUNE - RACCOLTA FIRME


Domani mattina 30 maggio tutti a firmare per l'Acqua pubblica, contro la privatizzazione di un Bene Comune....ci sarà un banchetto raccolta firme in p.zza P.Nenni dalle 09.00 alle 13.00.

giovedì 27 maggio 2010

IO MI VERGOGNO DI ESSERE RAPPRESENTATO DA SILVIO BERLUSCONI!


Dalla scrittrice albanese Elvira Dones riceviamo questa lettera aperta al premier Silvio Berlusconi in merito alla battuta del Cavaliere sulle "belle ragazze albanesi". Durante il recente incontro con Berisha, il premier ha attaccato gli scafisti e ha chiesto più vigilanza all'Albania. Poi ha aggiunto: "Faremo eccezioni solo per chi porta belle ragazze".

"Egregio Signor Presidente del Consiglio,

le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi". Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione."

Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto: rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora - tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio.

Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel puttana sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero.

Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sole bruciato. Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio.

In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e testa alta. L'Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci.

* Elvira Dones, scrittrice-giornalista.

domenica 23 maggio 2010

PER NON DIMENTICARE.....GIOVANNI FALCONE

18 anni fa moriva Giovanni Falcone, uno tra i padri della lotta alla mafia,un eroe italiano che ha dato la sua vita per la legalità e per avere un Italia più giusta. Un vero modello da seguire,sopratutto per i giovani di non accettare L'ILLEGALITA'.



"La mafia non è affatto invincinbile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni"

sabato 22 maggio 2010

giovedì 20 maggio 2010

LO STATUTO DEI LAVORATORI!!!!!!


“Il 20 Maggio di 40 anni fa entrava in vigore lo statuto dei lavoratori; oggi si sta procedendo al suo smantellamento. Ricordarne la ricorrenza è anche un modo per organizzarne la difesa. Tratto dal sito della CGIL, pubblichiamo un articolo di Di Vittorio che risulta sorprendentemente attuale.”


La proposta da me annunciata al recente Congresso dei Sindacati chimici – di precisare in uno Statuto i diritti democratici dei lavoratori all’interno delle aziende – ha suscitato un enorme interesse fra le masse lavoratrici d’ogni categoria. Il Congresso della Camera del Lavoro di Mantova, per esempio, ha chiesto che lo Statuto stesso venga esteso anche alle aziende agricole. E qui è bene precisare che la nostra proposta, quantunque miri sopratutto a risolvere la situazione intollerabile che si è determinata nella maggior parte delle fabbriche, si riferisce, naturalmente, a tutti i settori di lavoro, senza nessuna eccezione.

Le prime reazioni padronali alla nostra proposta sembrano, invece, per lo meno incomprensibili. «Il Globo», infatti – giornale notoriamente ispirato dagli ambienti industriali – pretende che io, avanzando la proposta dello Statuto, avrei dimenticato «troppe cose». Che cosa? Ecco: «che gli stabilimenti non sono proprietà pubblica ma ambienti privati di lavoro nei quali l’attività di tutti, dirigenti e imprenditori compresi, è vincolata e coordinata al fine produttivo da raggiungere»; che esistono i contratti di lavoro, «nei quali sono previsti i doveri e i diritti dei lavoratori nell’ambito del rapporto contrattuale»; che esistono le Commissioni interne, ecc. ecc. È giusto. Tutte le cose che ricorda «Il Globo» esistono; e nessuno lo ignora.

Il giornale degli industriali, però, dimentica un’altra cosa, che pure esiste: è la Costituzione della Repubblica, la quale garantisce a tutti i cittadini, lavoratori compresi, una serie di diritti che nessun padrone ha il potere di sopprimere o di sospendere, nei confronti di lavoratori. Non c’è e non ci può essere nessuna legge la quale stabilisca che i diritti democratici garantiti dalla Costituzione siano validi per i lavoratori soltanto fuori dall’azienda. È vero che le fabbriche sono di proprietà privata (non è qui il caso di discutere questo concetto), ma non per questo i lavoratori divengono anch’essi proprietà privata del padrone all’interno dell’azienda. Il lavoratore, anche sul luogo del lavoro, non diventa una cosa, una macchina acquistata o affittata dal padrone, e di cui questo possa disporre a proprio compiacimento.

Anche sul luogo del lavoro, l’operaio conserva intatta la sua dignità umana, con tutti i diritti acquisiti dai cittadini della Repubblica italiana. Se i datori di lavoro avessero tenuto nel dovuto conto questa realtà, chiara e irrevocabile – e agissero in conseguenza – la necessità della mia proposta non sarebbe sorta; non avrebbe dovuto sorgere.

Il fatto è, invece, che numerosi padroni si comportano nei confronti dei propri dipendenti come se la Costituzione non esistesse. Si direbbe che la parte più retriva e reazionaria del padronato (la quale non ha mai approvato la Costituzione, ma l’ha subita, a suo tempo, solo per timore del «peggio»), mentre trama per sopprimerla, l’abolisce, intanto, all’interno delle aziende.

L’opinione pubblica ignora, forse, che in numerose fabbriche s’è istaurato un regime d’intimidazione e di terrore di tipo fascista che umilia e offende i lavoratori. I padroni e i loro agenti sono giunti al punto d’impedire ai lavoratori di leggere il giornale di propria scelta e di esprimere una propria opinione ai compagni di lavoro, nelle ore di riposo, sotto pena di licenziamento in tronco. Si è giunti ad impedire ai collettori sindacali di raccogliere i contributi o distribuire le tessere sindacali, durante il pasto o prima e dopo l’orario di lavoro.

Se durante la sospensione del lavoro, l’operaio legge un giornale non gradito al padrone, o l’offre a un collega, rischia di essere licenziato. Si è osato licenziare in tronco un membro di Commissione Interna perché durante la colazione aveva fatto una comunicazione alle maestranze. Si pretende persino che la Commissione Interna sottoponga alla censura preventiva del padrone il testo delle comunicazioni da fare ai lavoratori. Peggio ancora: si è giunti all’infamia di perquisire gli operai all’entrata della fabbrica, per assicurarsi che non portino giornali o altri stampati invisi al padrone.

Tutto questo è intollerabile. E tutto questo non è fatto a caso, né per semplice cattiveria. Tutto questo è fatto per calcolo; è fatto per affermare e ribadire a ogni istante, in ogni modo, l’assolutismo padronale onde piegare il lavoratore a uno sforzo sempre più intenso, a un ritmo di lavoro sempre più infernale, alla fatica più massacrante, sotto la minaccia costante del licenziamento. E tutti sono in grado di misurare la gravità di questa minaccia, in un Paese di disoccupazione vasta e pertinente come il nostro.

È un fatto che l’instaurazione di questo assolutismo padronale nelle fabbriche è accompagnata da un aumento crescente del ritmo del lavoro. Il supersfruttamento dei lavoratori è giunto a un tale punto da determinare un aumento impressionante degli infortuni sul lavoro (anche mortali) e delle malattie professionali, come abbiamo ripetutamente documentato. Soltanto nelle aziende della Montecatini abbiamo avuto 35 morti per infortuni in un anno! Questa situazione non è tollerabile. Bisogna ripristinare i diritti democratici dei lavoratori all’interno delle aziende e porre un limite a queste forme micidiali di supersfruttamento.

Intendiamoci bene: noi non siamo contro la necessaria disciplina in ogni lavoro; ma deve trattarsi della disciplina normale, umana. Non contestiamo affatto che il lavoratore, durante le ore di lavoro, abbia lo stretto dovere di adempiere al suo compito professionale. E noi sappiamo bene che la generalità dei lavoratori concepisce l’adempimento scrupoloso del proprio dovere come primo fondamento della propria dignità professionale.

Ma fuori delle ore di lavoro durante il pasto, prima dell’inizio del lavoro e dopo la cessazione, i lavoratori sono, anche all’interno dell’azienda, liberi cittadini, in possesso di tutti i diritti garantiti agli altri cittadini, per cui hanno l’incontestabile diritto di parlare, di esprimere liberamente le loro opinioni, di distribuire le tessere della propria organizzazione, di collettare i contributi sindacali, ecc. ecc., così come hanno il diritto di farlo fuori della fabbrica. Il «vincolo contrattuale» con l’azienda – di cui parla «Il Globo» – è un vincolo di lavoro, non di coscienza. Ottenuto il lavoro dovuto dall’operaio, il padrone non deve pretendere null’altro.

Naturalmente, le minacce e gli abusi di cui sono vittime quotidianamente numerosi lavoratori, danno spesso luogo a proteste collettive, ad agitazioni, a scioperi. Se si continuasse ad andare avanti nel senso deplorato, queste agitazioni sarebbero destinate a moltiplicarsi e a generalizzarsi, dato che la situazione è giunta al punto estremo della sopportabilità. Dalle fabbriche e da altri luoghi di lavoro si leva una protesta unanime, accorata, come sorgente da un bisognodi respirare, di sentirsi liberi, anche all’interno delle aziende.

La nostra proposta tende a risolvere la questione in modo pacifico e normale, mediante l’adozione d’uno Statuto che, ribadendo i diritti imprescrittibili dei lavoratori, non dia luogo né agli abusi lamentati, né alle agitazioni che ne conseguono. E poiché si tratta d’un interesse vitale e generale di tutti i lavoratori, senza distinzioni di correnti, riteniamo perfettamente possibile un accordo con le altre organizzazioni sindacali, sia nella formulazione dello Statuto che propugniamo, sia nell’azione da svolgere per ottenerne l’adozione.

Giuseppe Di Vittorio

mercoledì 19 maggio 2010

GIU' LE MANI DALLA BROCCA L'ACQUA E' PUBBLICA E NON SI TOCCA!

Domenica 23 Maggio Noi saremo col nostro banchetto ad Orta Nova in Piazza Pietro Nenni per caccogliere le firme per il Referendum. Vieni a firmare, non esitare. E' una battaglia di civiltà!



sabato 15 maggio 2010

DALL'UTO-PIA ALL'EU-TOPIA!!!!!!!


Domani marceremo per la pace (Perugia-Assisi).....in piedi costruttori di pace, dall'utopia (non-luogo) passeremo all'eu-topia (luogo) della pace, della condivisione, della solidarietà

giovedì 13 maggio 2010

IL TEMPO E LO SPAZIO DEL DOLORE

Ho appreso la tragica notizia della morte di Antonio Salierno questa mattina, una tragedia quella delle morti bianche, delle morti sui luohi del lavoro che hanno investito dolorosamente anche la nostra realtà. Il nostro pensiero non può che soffermarsi sulla famiglia, la moglie, i figli, ai quali vanno le nostre più sentite condoglianze. Il luogo, lo spazio della vita, del lavoro, è diventato il luogo, lo spazio e il tempo del dolore.

P.S. Questo post non diventerà un comunicato stampa, che spesso serve solo per apparire, ma deve essere la pietra miliare del nostro impegno per la siurezza sui luoghi di lavoro.

venerdì 7 maggio 2010

TRASPARENZA E LEGALITA': ACQUA PUBBLICA E PEPPINO IMPASTATO!!!!!!














Domenica 9 maggio saremo presenti in piazza P. Nenni dalle ore 10:00 a raccogliere le firme per l'Acqua pubblica e la revoca dell'accertamento Tarsu ad Orta Nova. Nella serata alle 20:00 presso il palazzo ex-gesuitico ricorderemo assieme all'associazione Libera di Foggia, in occasione del 32° anniversario dell'assassinio mafiosodi Peppino Impastato, la figura, l'impegno e la dedizione di chi come Peppino ha dato la vita per la legalità.

L'Acqua è di tutti!


Il 9 maggio, festa della mamma, continua in tutta Italia la raccolta firme per i referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua. In centiania di piazze italiane saranno allestiti i banchetti. Finora abbiamo raccolto più di 250mila firme. Ad Orta Nova sarà allestito un banchetto per la raccolta delle firme in Piazza Umberto I°. Vieni anche Tu a firmare: affidare a privati la gestione degli acquedotti non porterà nessun vantaggio per noi cittadini consumatori. Ecco perché.

Il Mercato dell’Acqua è un Monopolio Naturale

La costruzione di reti idriche e fognare è, fin da tempi remoti, uno dei segni più tangibili di società evolute (sono gli Acquedotti che hanno reso grande Roma, non il Colosseo). L’Acquedotto Pugliese per esempio, è al momento l’Opera Pubblica più grande d’Europa. Tutti d’accordo quindi che l’Acqua non solo sia un Bene Pubblico (cioè di tutti, ovvero di inalienabile proprietà demaniale), ma debba anche essere gestito dallo Stato in quanto Monopolio Naturale che, se gestito in ottica di profitto, procurerebbe molti svantaggi per tutti e molti profitti per pochi? Macchè. In uno dei suoi ennesimi “passi di gambero” che la società degli ultimi anni sta compiendo, sulla spinta dal furore degli ultrà del “libero mercato” (che sono forse ancora più pericolosi degli ultrà comunisti…) si è fatta largo l’idea (ideologia?) che “privato=efficienza”. Che questa sia una equazione non sempre verificata, e quindi sostanzialmente campata per aria, lo ri-mostrano oltre che le recenti crisi finanziarie (quelle passate e quelle che arriveranno), anche i circa 35mld di euro di debiti finora accumulati dalla Telecom (ex Sip) nella Gestione privata. Il Decreto Ronchi, appena approvato dalla Maggioranza, “liberalizza le pubblic utility” il chè va bene forse nei trasporti, ma per quanto riguarda l’acqua non farà aumentare il numero delle società che forniscono il servizio idrico, ovvero il monopolio resta, ma a gestirlo saranno i privati. Del resto, se la Maggioranza di Governo oltre che stabilire l’affidamento a società private della gestione delle Reti Idriche e fognarie (Opere Pubbliche imponenti e costruite con soldi pubblici), lasciando poi intatto il monopolio ma affidandone la gestione a privati, avesse stabilito un taglio netto delle imposte, allora magari i conti tornerebbero pure. Ma così non è: come già accaduto per le privatizzazioni di Telecom e Alitalia, svendute ai “soliti noti” per due lire, anche questa volta non c’è nessun vantaggio fiscale per i contribuenti (le cui tasse hanno permesso la costruzione delle reti pubbliche stradali, telefoniche, energetiche e idriche). “E’ una riforma voluta dall’Europa” si dice. A sostenerlo sono in molti, compresi gli esponenti dell’ UDC che hanno votato l’ennesimo “decreto-capolavoro”. Ma se si va a guardare in Europa e altrove, si scopre una realtà ben diversa. In Francia per esempio, dal 1° gennaio 2010 Parigi tornerà ad una gestione idrica pubblica. Il sindaco Bertrand Delanoë ha deciso di non rinnovare i contratti alle multinazionali francesi Veolia e Suez, dopo 25 anni di gestione in cui l’unico risultato è stato un aumento dei prezzi che non ha portato miglioramenti nel servizio. Grazie alla ri-municipalizzazione, il Comune di Parigi potrà risparmiare 30 milioni di euro l’anno. Dopo Parigi tante altre città francesi stanno prendendo in considerazione l’opportunità di ritornare alla gestione pubblica. Per quanto riguarda la situazione negli Stati Uniti, invece Report, programma di Rai3, ha mostrato come in America l’acqua è tradizionalmente pubblica ed è sempre stata amministrata dallo Stato. Dovunque, tranne che nel New Jersey. Ma la “privatizzazione – afferma May Fiil Flynn, del Public Citizen Washington – non ha avuto grande successo in questo Paese. Abbiamo anche avuto brutte esperienze con queste compagnie private arrivate con le loro grandi promesse che poi non sono state in grado di mantenere”. Un esempio? “Avevano promesso di abbassare i prezzi e invece i prezzi salivano”. E se negli USA, Paese dove hanno leggi severe su conflitti d’interesse, trust e concorrenza e le regole (del mercato e non solo…) le rispettano (quasi) tutti, non si affidano ai privati per la gestione dell’Acqua, che motivo abbiamo di farlo, ora, proprio noi Italiani? A buon intenditor, poche parole…

domenica 2 maggio 2010

L'intervista di Nichi al TG3

sabato 1 maggio 2010

BUON 1° MAGGIO A TUTTI!!!!

Il primo maggio è la festa dei lavoratori quindi

Un pensiero a chi lavora con fatica e dignità....

a chi viene sfruttato

a chi non trova un lavoro

a chi il lavoro lo ha perso

a chi accetta di lavorare in condizioni misere e con uno stipendio dimezzato pur di sfamare la propria famiglia

a chi in nome del LAVORO ha perso la vita per i propri figli.

Forza compagni! Auguri a tutti di un buon 1° maggio!!!!!!