Cosa significa che Gesù Cristo è Re e Signore? Significa andare contro corrente in un mondo che ogni tanto si popola di nuove divinità e obbliga a prostituirsi davanti ad esse. (Don Tonino Bello)
sabato 30 marzo 2013
martedì 19 marzo 2013
Idee per le priorità sociali? L’istruzione del migliore dei mondi.
Sarebbe magnifico possedere una
bacchetta magica per esprimere qualsiasi desiderio e aggiustare le cose che si
sono rotte o che non funzionano come dovrebbero. Così non avremmo bisogno della
politica e neppure incapperemmo in tutti quei tranelli dovuti alle circostanze,
quelli scomodamente irragionevoli. Buon senso, direbbe qualcuno se questo
articolo fosse un’aula in stile arcadico, aperta al confronto e al dibattito. È
impressionante come oggigiorno alle soglie del 2013mo anno dopo Cristo, siamo
più che mai prede della retorica e delle passioni. Passioni fisiche, mentali,
emotive, in una parola sola: assuefazione. E quando c’è l’assuefazione ci
comportiamo come quegli animali da fattoria, dal gallo al maiale, che tornano
sempre nello stesso posto per trovare il cibo. Così possiamo concludere che
l’assuefazione è figlia dell’addestramento. Siamo portati per natura a
semplificare, ma semplificando troppo commettiamo degli errori di cui, per le
particolari vicissitudini del caso, siamo portati a minimizzare la portata
degli stessi che intanto si fanno sempre più grandi come valanghe di neve. A
questo punto, ahimè, per sfuggire alla
già detta sciagura, l’essere deve mettere in moto un meccanismo
inconscio che lo porti via dal pericolo immediatamente, consentendogli di
salvarsi la pelle. È esattamente la paura, o meglio l’adrenalina secreta dalle
ghiandole surrenali, che ci permette di metterci in moto senza pensarci due
volte. Ma è ovvio che molti dei pericoli che corre l’uomo moderno non sono
sempre così evidenti come una valanga di neve o uno tsunami. Per questo
qualcuno inventò la scrittura. La scrittura (e di conseguenza la lettura) è
stata una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche che l’uomo abbia mai
scoperto: fermare il tempo, dialogare con il passato, con gli occhi di un altro
sono tutte cose che ci distaccano dal presente e ci insegnano a riflettere. Così
potremmo trovare che la valanga per noi, nel 2013, potrebbe essere la vistosissima
mole di informazioni inutili veicolate per mezzo dei nuovi media: anche se non
si può, e non si deve, demonizzare una tecnologia, in quanto i suoi effetti
possono essere positivi o negativi indipendentemente dal motivo per cui era
stata inventata. Ma bisogna ammettere che nella nostra penisola per lo meno,
questa viene usata assai male. Male? Perché? È indubbio che oggi il binomio
informazione-diritto di cittadinanza, risulta scontato. Ma il ponte tra noi e
l’informazione stessa, sta nell’abilità di soppesare e saggiare ciò che ci
viene detto. Ancora peggio se all’incapacità di soppesare le parole, si
aggiunge la velocità in cui l’informazione arriva, inaspettata, e davvero
troppo poco approfondita per essere capita bene –i lettori più arditi in media
non riescono a sopportare un testo con più di trenta righe- ci si trova
indifesi e d’accordo con qualcuno per ragioni più che discutibili. In un anno
26 milioni di italiani dai sei anni in su, in media, leggono un libro; allarmanti
i dati sul mezzogiorno, stabilendo che il 35% soltanto della popolazione meridionale
legge al di fuori della pura necessità professionale o scolastica. E questo non
deve stupire, in una zona geografica in cui la licenza media è un miraggio per
il 18% dei giovani. Sono questi dati Istat che vanno a braccetto con la
disoccupazione, o meglio quel nuovo fenomeno chiamato “inattività” che
coinvolge oltre 2 milioni di giovani italiani, concentrati per lo più al sud,
che non lavorano e neanche studiano, non avendo intrapreso un percorso di
formazione. Sono sempre più usate le parolacce, e sempre meno un lessico ben
differenziato, con la convinzione di essere più incisivi e concreti. Spesso
però, soffermandosi sul mero piacere –romantico- di leggere, si trascura il
fattore dell’insegnamento statale. La scuola italiana è troppo indietro: al di
là dei fondi tagliati, la nostra istruzione soffre di intossicazione da
burocrazia. Andreas Schleicher, direttore del programma Ocse Pisa, sostiene che
essere alfabetizzati oggi significa non solo saper leggere e scrivere, ma stare
dentro a un testo, capirlo, interpretarlo e sintetizzarlo. Nulla di tutto ciò
che si apprende è statico, ma può essere confrontato e addirittura arricchito. La
scuola, come molti di noi pensano, non dovrebbe essere affatto un luogo di
omologazione delle menti. Insomma, non basta possedere una laurea qualsiasi, ma
saper fare con la conoscenza. Sempre Schleicher, spiega che i paesi che sanno
sfruttare la conoscenza in questo modo –tra cui Cina, Corea e Finlandia -
valorizzano gli insegnanti –detti “high skilled workers”- che si distinguono in
base al merito. A loro volta gli insegnanti non prescrivono agli studenti dei
piani di studio, ma insegnano obiettivi da raggiungere. Ognuno, per esempio,
può sviluppare un grande talento in matematica, secondo la mentalità asiatica,
basta applicarsi. Per concludere: cosa leggere nell’attesa di un miracolo?
Risposta: qualsiasi cosa purché leggere sia un piccolo esercizio quotidiano,
una boccata di ossigeno data in dono al nostro cervello, perché è a questo organo
che spesso la politica non si rivolge, abituata com’è a sussurrare agli
stomaci.
Anna Chiara Sardella
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