domenica 18 ottobre 2009

IL PUNTO SULLA CRISI


Il 10 settembre l’Istat ha confermato le stime preliminari di metà agosto: il Pil dell’Italia è sceso dello 0,5% nel secondo trimestre rispetto al trimestre precedente (dato congiunturale) e del 6% rispetto al secondo trimestre 2008 (dato tendenziale). Il dato cumulativo dal secondo trimestre del 2008 al secondo trimestre del 2009, riportato qui sotto, è peggiore di tutti gli altri paesi del G7, anche quelli nell’epicentro della crisi (Usa e Regno Unito). Solo il Giappone, per motivi diversi, ha sin qui fatto peggio dell’Italia.
Il nostro Governo ha assunto, nel giro di pochi mesi, due posizioni radicalmente opposte. In una prima fase, ha cercato di elargire fiducia a costo zero nella speranza di accrescere i consumi mediante messaggi televisivi. In una seconda fase, ha riconosciuto che la crisi è in atto anche in Italia e che il Governo è impegnato a farvi fronte con tutti i mezzi possibili. Ma è sufficiente una rapida analisi dei dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato e dal Ministero dell’Economia per giungere alla conclusione che ciò che viene comunicato non corrisponde affatto a ciò che effettivamente si sta facendo. Considerando i principali provvedimenti fin qui assunti - l’abolizione dell’ICI per la prima casa, la manovra finanziaria estiva, la legge finanziaria 2009 e il cosiddetto pacchetto anticrisi – si rileva che le risorse lorde impiegate ammontano a 18,1 miliardi di euro, pari all’1,2% del PIL, (le misure anticrisi sono state pari al 7.5% del PIL negli USA e del 3,7% nella media G20) mentre la somma delle maggiori entrate e delle minori spese correnti e in conto capitale ammonta a 28,3 miliardi di euro, pari all’1,8% del PIL. In più, l’ultima relazione del Ministero dell’Economia certifica che la pressione fiscale è aumentata dal 42,8% del 2008 al 43,5% del 2009 e questa è certo una notevole discrasia rispetto alle promesse elettorali. In sostanza, a fronte dell’aumento della disoccupazione, dell’aumento dei fallimenti d’impresa e della conseguente riduzione del PIL, il Governo italiano reagisce con una manovra fiscale di segno restrittivo, che peraltro comunque accresce sia il rapporto Debito Pubblico/PIL sia il rapporto Deficit/PIL, quest’ultimo passato dal 3,5% del 2008 all’attuale 6,4% (il trattato di Maastricht prevede che il rapporto Deficit/PIL non superi il 3%) e questo perché nonostante i tagli, la contrazione dell’attività economica fa diminuire anche le entrate (-2,4% in 6 mesi) e quindi il denominatore della frazione decresce più rapidamente sia del deficit che del debito (il debito è la somma di tutti i deficit accumulati negli anni ed è oggi pari al 105,8% del PIL, contro il 70% circa di Francia e Germania).
Il ministro Tremonti è soddisfatto perché i conti appaiono formalmente in “ordine”, nel senso che l’incremento del Deficit è stato per l’Italia minore che in altri Paesi, il ché è vero. Tuttavia, nella sostanza, ci siamo molto impoveriti: pur non avendo avuto fallimenti bancari, siamo ritornati ai livelli di Reddito del 2001 e la crescita vera (per il 2010 si prevede un modesto +0,4%) è ancora al di là da venire, anche perché la disoccupazione è prevista in crescita fino al 10,5% nei prossimi mesi (dati OCSE). Insomma la posizione ufficiale di Tremonti è che il Governo italiano non può permettersi ulteriori spese per il rischio di un aumento incontrollabile del debito pubblico ma questo atteggiamento provoca (Keynes insegna) un ulteriore indebolimento della Domanda aggregata e quindi, di nuovo, del PIL. A deprimere la domanda privata c’è poi anche l’aumento dell’Indice di Concentrazione dei redditi: l’8% delle famiglie possiede ora il 45% della ricchezza nazionale, il ché significa che quanto a reddito medio disponibile per i consumi le famiglie sono tornate ai livelli del 1997 (e i commercianti lo sanno molto bene). Ora: il reddito disponibile per i consumi è una variabile dipendente dalle retribuzioni e, al contrario di una tenace ma falsa credenza popolare, il livello lordo delle nostre retribuzioni medie è già il più basso tra i Paesi del G7. Se poi si guarda al loro reale potere d’acquisto, allora si scopre che peggio di noi stanno solo Greci e Portoghesi. Queste sono anche le ragioni per cui la proposta leghista di introdurre le gabbie salariali non è che una boutade: a “bocce ferme”, la loro adozione farebbe precipitare i nostri già magri consumi, e il PIL si avviterebbe su se stesso in una spirale senza fine che ci porterebbe in breve dritti ai livelli di reddito del Nord Africa. Quanto ai tagli poi, ammesso che abbia senso farli in questa fase del ciclo economico, andrebbero fatti nei posti giusti, perché a tagliare sull’Università e la ricerca si taglia davvero nel posto sbagliato (Foggia ha perso 1,2mln di finanziamenti statali con criteri da cui l’unica meritocrazia che emerge è quella dell’appartenenza territoriale). Se c’è infatti una cosa su cui, fin dagli anni 70’, tutti gli studiosi di economia concordano, è che tra i “fattori dello sviluppo” nei Paesi a “capitalismo maturo”, la ricerca di base (teorica) e quella applicata (tecnologia-innovazione) svolgono un ruolo fondamentale. Gli USA non dominano il mondo solo con i carri-armati, ma anche (soprattutto) con Windows ed i computer che tutto il mondo utilizza: Apple o Pc-IBM compatibili la supremazia Usa è schiacciante. Del resto poi, la Spesa Pubblica per l’Università e la ricerca in Italia è solo dello 0,8% del PIL (contro il 5,7% del PIL negli USA). Stringendo poi lo sguardo sulla nostra Regione, vediamo che il CIPE ha ancora rinviato lo sblocco dei 3,2mld di Fondi FAS spettanti alla Puglia, mentre il Governo Regionale ha appena stanziato 10mln di euro per le Università Pugliesi. Da questo punto di vista, bisogna ammettere che pur non immuni da “vizi privati”, per ciò che concerne i finanziamenti alla ricerca e all’Alta Formazione, le giunte Vendola si sono dimostrate le più lungimiranti che la nostra Regione abbia mai avuto: il programma “Bollenti Spiriti” ha permesso a migliaia di giovani laureati pugliesi di ottenere Borse di studio fino a 25.000eur per frequentare corsi di Alta Formazione, anche all’estero, nonché la nascita di molte giovani aziende, in un’ottica di accumulazione e valorizzazione del nostro “capitale umano”. Per ciò che riguarda invece la nostra principale industria, l’agricoltura, è da dire che anche se il Governo Regionale ha approvato la Distillazione di crisi, fornendo con ciò ossigeno vitale al settore vitivinicolo, i problemi di fondo, strutturali, restano: produciamo tanto, ma non sappiamo/riusciamo a vendere. Pochi gli stabilimenti che imbottigliano il vino o confezionano i nostri prodotti e, tra quei pochi che lo fanno, ancora di meno sono quelli dotati di un Marchio ed una struttura distributiva propria. Gli Agricoltori non riescono a riunirsi in cooperative/consorzi in grado di diminuire la frammentazione dell’offerta, sì da aumentare il proprio potere contrattuale nei confronti di grossisti e mediatori. Insomma questa filiera corta proprio non riusciamo a “congegnarla”. Il fatto è che non è “solo” una questione di “mentalità” e neanche solo di soldi da investire (certo senza i capitali e la disponibilità a rischiarli, neanche si parte). Il punto è che Confezionare e Distribuire i prodotti dell’Agroalimentare, comporta una serie di adempimenti tecnici e burocratici (certificazioni ISO, marchi di qualità, etc…) notevoli, che possono essere adempiuti solo attraverso la presenza sul territorio di una serie di tecnostrutture “catalizzatrici” dell’Innovazione. Insomma ci vuole la “mentalità” ma anche il Sapere, che però, a differenza della prima caratteristica, è qualcosa che ha molto a che fare con il concetto, appunto, di “capitale umano”. A Foggia, grazie anche all’azione di un Governo Regionale certo più concretamente “attaccato” al territorio rispetto a quello Nazionale, sta per nascere un Polo d’eccellenza dell’Agroalimentare di cui spero avremo modo di parlare prossimamente. Da segnalare pure il rifinanziamento dei GAL (Gruppi di azione locale), ovvero di società a capitale misto, pubblico-privato, il cui scopo sarebbe (il condizionale è d’obbligo) l’attuazione pratica dei programmi comunitari per lo sviluppo rurale. A tal proposito ci duole constatare come la scelta della nostra amministrazione di uscire dal Gal “Piana del Tavoliere” (gestito certo in maniera assai discutibile) per fondarne uno nuovo, “Ori del Tavoliere”, si sia dimostrata inefficacie in quanto il nodo della sovrapposizione territoriale con il GAL già esistente è stato sciolto dalla Regione con la scelta (per certi versi inevitabile) di rifinanziare solo il GAL già esistente. L’auspicio è che al più presto la nostra Amministrazione possa ricomporre la frattura con il vecchio GAL “Piana del Tavoliere”, oggi troppo accentrato su Cerignola, ponendo se necessario all’attenzione della Pubblica Opinione ciò che non ha funzionato (e va cambiato!) nella gestione operativa di questo fondamentale “ingranaggio” del sistema per l’attuazione concreta sul territorio dei programmi di sviluppo rurale comunitari.
Dott. Antonio Aghilar
(economista)

giovedì 8 ottobre 2009

LA FORZA DELLA DEMOCRAZIA



COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senz distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Articolo 138
Le leggi di revisione della costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi,e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.


Chi sono i sovversivi? Coloro che fanno rispettare la costituzione? O coloro che accusano le istituzioni della repubblica, cercando di eliminare la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) di qualsiasi stato liberale e democratico?